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Il sogno del tennista
Voglio raccontare una storia

Sono sempre stato un sognatore. Amo lo sport alla follia, in tutte le sue sfaccettature.

Già da bambino avevo ben chiaro cosa volevo fare da grande. Ho un ricordo indelebile in testa. Ero nel bagno di casa e guardandomi allo specchio mi feci una promessa: ”forse non sarò il numero uno, ma entrerò di sicuro nel ranking dei 10 tennisti più forti del mondo”. Avevo solo 9 anni, tuttavia ne ero fermamente convinto.

Giocare a tennis con gli amici, allenarmi e fare tornei era la cosa che mi stimolava di più in assoluto. Mi accendeva il fuoco dentro. Palleggiavo ore contro il muro esterno di casa. Ho imparato a guidare le automobili solo per poter liberare il piazzale e avere spazio per il mio gioco. Se pioveva o faceva buio entravo in casa, ma non mi fermavo. Povera mamma!

Ho rotto diversi scuri che serravo per difendere i vetri delle finestre mentre palleggiavo in giardino e non immaginate quante bajour e quadri del salotto ho esploso con la pallina. Giocavo per lo più in un circolo sportivo vicino a casa dove passavo le giornate estive insieme agli amici. Ricordo una volta insieme a Leo, Giulia e Tommy che abbiamo iniziato a giocare nel primo pomeriggio e senza sosta abbiamo continuato fino a sera tardi, perdendo completamente la concezione del tempo e dimenticandoci del mondo fuori dal campo.

Ero convinto: da grande farò il tennista professionista!I tornei sono sempre andati bene, così, a soli 12 anni, decisero di inserire me e Giulia negli allenamenti di preparazione fisica della prima squadra, composta da adulti forti. Mentre per l’allenamento in campo eravamo con il maestro responsabile dell’agonistica, dedicato solo a noi due. La nostra settimana era composta da 3 ore al giorno di allenamento, da lunedì a venerdì, più i tornei nel weekend.

L’allenamento si divideva in questo modo: un’ora e mezza di preparazione fisica senza racchetta e un’ora e mezza in campo. Quindi 50/50 tra preparazione e tennis. Durante i seminari che organizzo relativi alla preparazione fisica, sostengo sempre che anche in altri sport dovrebbe essere così, ma purtroppo questo non avviene. Non è un caso che il tennis italiano sia cresciuto tantissimo negli ultimi anni e che le federazioni di tennis più importanti del mondo prendano quella italiana come modello.

A conferma di tutto ciò, abbiamo avuto poco fa 10 giocatori italiani nel ranking top 100, e ne abbiamo ad oggi 40 tra i top 500.

Ora vi racconto di un episodio clamoroso che mi è capitato insieme a Giulia.

Ancora ridiamo insieme quando lo ricordiamo. Non dimenticherò mai il maestro di quell’anno: Francesco Michelotti. Molto duro per dei ragazzini, ma ambizioso e professionale, ottimo per farmi migliorare. Agli allenamenti mancava completamente la parte ludica e divertente che senza dubbio dovrebbe essere presente a quell’età, ma non mi importava. Volevo solo migliorare il livello di gioco per raggiungere il mio ambizioso obiettivo.Era un venerdì, finita la preparazione fisica con i ragazzi della prima squadra, io e Giulia entriamo in campo dove ci aspetta il maestro. Come al solito scaldiamo i colpi con qualche palleggio a fondo campo. Lo giuro, non mi sentivo più rilassato del solito ma forse a causa della preparazione fisica appena terminata o al fatto che era l’ultimo allenamento della settimana, io e Giulia abbiamo calato un po' l’intensità nei palleggi diriscaldamento. Il maestro non la prende benissimo. Ci interrompe. Noi non capiamo. “Vi sembra questo il modo di palleggiare?” esclama. Noi impietriti. Poi si arma di racchetta e con movimenti ampi e decisi incide sulla terra rossa la scritta: “SPORT = FATICA”. L’equazione occupava tutto il rettangolo di gioco. “Ora, ragazzi, l’esercizio è questo: dopo ogni colpo guardate la scritta! E alla fine dell’allenamento voglio parlare con i vostri genitori!”. Sicuramente ero colpito dall’accaduto, ma non mi sentivo per niente colpevole.

Credo che il maestro non abbia nessuna colpa riguardo il mio infortunio. Semplicemente la mia genetica non mi ha permesso di resistere a quelle intensità.

Quello è stato purtroppo l’ultimo anno in cui ho giocato seriamente a tennis.

Ok, la promessa non era facile da rispettare e se sono qui vuol dire che non sto giocando un torneo dello Slam. Probabilmente non sarei comunque riuscito a raggiungere l’obiettivo, ma la cosa che mi fa incazzare di più è che non ho neanche potuto provarci!